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Istituto di Formazione in pedagogia clinica riconosciuto UNIPED (Unione Italiana Pedagogisti). Censita CNEL. Aderente CoLAP

 

PERCHE’ SI MUORE?

Come spiegare la morte ai bambini

di Elena Tibiletti - Pedagogista clinica - Milano

Un dolore così dolore dell'anima, non si elimina
Con medicine, terapie o vacanze;un dolore così
Lo si soffre, semplicemente, fino in fondo,
Senza attenuanti, come è giusto che sia.
Isabel Allende

Uno dei grandi tabù che la nostra cultura impone è la morte, essa non ha posto nella nostra società, poiché rappresenta la sconfitta per la medicina e la tecnologia. Cerchiamo di proteggerci adottando diverse strategie, ma l'evento angosciante persiste. D'altronde la morte fa parte della nostra vita. Solo qualche decennio fa la morte era considerata maggiormente per quello che è: evento naturale, frequente, che fa parte della vita e veniva condivisa con tutti membri della famiglia, inclusi i bambini. Era un momento di unione in cui attraverso il dolore della perdita si rafforzavano i legami familiari e amicali. Oggi invece si tende a riconoscere solo un aspetto doloroso del lutto e per questo i genitori tendono a proteggere i bambini eccessivamente, ritardando inevitabile il momento dell'incontro con la perdita di una persona vicina. Quasi tutti i genitori sono convinti dell'utilità di parlare apertamente dei processi biologici relativi alla vita, educare alla affettività e alla sessualità già dalla prima infanzia ma quando si tratta di affrontare il momento finale si trovano senza parole.
Oggi infatti i bambini sono inondati di informazioni importanti, ma non di rado vengono lasciati soli nei momenti fondamentali: per esempio, sanno tutto sulla deriva dei continenti, ma non gli viene detto che è morta la nonna o il fratellino e per quale malattia. È vero, i bambini sono piccoli, ma piccolo non vuol dire stupido o incapace. I bambini hanno bisogno di rispetto, di verità e fiducia per potere dare un senso a ciò che accade intorno a loro e ritrovare la sicurezza per continuare a crescere. Hanno bisogno soprattutto di parola perché è proprio la parola, e soprattutto la qualità della parola, che può lenire l'effetto di un evento drammatico come la morte di una persona cara. Il lutto non è una malattia, ma il tempo doloroso della vita legata alla perdita, e sono spesso le soluzioni trovate per affrontarlo che possono invece rivelarsi problematiche. Per esempio, uno dei rischi maggiori è rappresentato dalla possibilità che il bambino (in caso di morte di un fratellino)prenda il posto del fratellino scomparso. Così avviene che il figlio senta di dover essere il consolatore e protettore dei genitori, con possibili gravi conseguenze per ilsuo benessere e il suo sviluppo affettivo.
In realtà non esiste una casa che non sia stata toccata da qualche lutto: in un intero villaggio non esiste una singola capanna dove non sia stato cucinato un pranzo da lutto, racconta una bella favola. Il lutto fa parte integrante dell'esperienza stessa della vita, in ogni tempo, ogni cultura, ogni luogo. È in assoluto una delle esperienze più paritaria del vivere come nascere o diventare genitori. Riguarda tutti, senza distinzione, a qualsiasi gruppo si appartenga, senza differenze di età, nazionalità, colore della pelle, scolarità e ceto sociale.
Con questo articolo vorremmo mettere in luce quegli strumenti educativi di intervento utili ad aiutare il minore ad affrontare il distacco e a conoscere la realtà della morte, ma prima noi adulti dovremmo chiederci che cosa ne pensiamo, quale spiegazione diamo a noi stessi, quale spiegazione c'è stata data quando eravamo bambini, qual è la nostra posizione rispetto all'argomento e quali sono i nostri timori in proposito.
È chiaro che potremmo parlare della morte in tranquillità solo se fossimo arrivati a un buon equilibrio interiore che ci fa accettare la condizione umana in tutti suoi aspetti. Ma ciò è difficile soprattutto perché ci troviamo in una società che non ci prepara a questo e che considera la morte sempre solo come un'incomprensibile opposto alla vita. Pertanto non sappiamo parlarne, né ammetterla come una possibilità.
John Bowlby, grande esperto dei rapporti di attaccamento e separazione, affermava che non è possibile elaborare completamente un lutto senza la presenza di un'altra persona: dichiarazione che sottolinea, in particolare nelle situazioni difficili, l'importanza e l'efficacia dei rapporti affettivi.

EDUCARE ALLA MORTE
I bambini incontrano continuamente il tema della morte nelle conversazioni, nelle canzoni, nel mondo della natura, tutte le volte che muore una pianta o un animale, e nella vita reale, in famiglia e con gli amici. La questione non è quindi se i bambini debbano essere educati alla morte, ma se l'educazione che ricevono sia utile e credibile. La comprensione della morte è un processo che dura tutta la vita, dall'infanzia alla vecchiaia. Dei molti modi in cui la morte viene trattata, il tentativo di ignorarla è quello che ha maggiori probabilità di fallire.
I bambini, nella propria ricerca di conoscenza e di significato del mondo, rivolgono ai propri genitori molte domande: da dove vengo? Dov'ero prima di trovarmi nella pancia della mamma? Quando si muore dove si va?
Può apparire strano, ma il parlare della morte è un discorso che aiuta a crescere. Nonostante ciò, ancora tanti adulti nei confronti dei bambini impediscono loro di rendersi conto della malattia, di preavvisare, di annunciare l'arrivo della morte, di andare ai funerali dei propri nonni.
I genitori trascurano il bisogno dei figli di piangere delle perdite che hanno così drasticamente alterato la loro vita. I genitori dovrebbero riuscire ad avere un atteggiamento sincero aperto e premuroso partendo da un modello educativo di sostegno che avvicini il bambino alla realtà della morte tenendo conto di quale sia stata la prima esperienza con la morte del bambino stesso.
Ecco alcuni suggerimenti che il pedagogista clinico potrebbe dare ai genitori:
- utilizzare un linguaggio corretto privo di eufemismi ;
- mettersi nell'ottica di chiedere al bambino se ha capito o se ha bisogno di ulteriori spiegazioni.;
- Inserire dei libri che parlino di morte tra quelli preferiti dei bambini;
- creare delle occasioni per educare alla morte ( morte = assenza della vita per cui si può piangere e si può essere tristi);
- importante è trovare un momento della giornata per parlare dell'assenza della persona.

Molto importante è senza dubbio l'utilità dell'uso di un registro linguistico, e di un linguaggio non specialistico ma colloquiale, ossia quello della quotidianità banale, normale della vita, non delle teorizzazioni raffinate.
Il bambino non deve mai essere lasciato solo con il proprio dolore o con la presupposta assenza di dolore. I bambini hanno bisogno di sapere che non verranno tenuti all'oscuro di cose importanti. Questa consapevolezza risparmierà loro un'ansia incessante. Se si è sinceri e diretti con i bambini, sapranno che possono contare su persone disponibili e degne di fiducia. Questo senso di sicurezza è vitale in un momento in cui un bambino sta affrontando una perdita. Hanno bisogno della conferma della reale morte della persona cara altrimenti potrebbero passare mesi o anni nella ricerca o nell'attesa del ritorno della persona deceduta. Peggio ancora, potrebbero credere che la persona che amano ha semplicemente scelto di andare via perché essi hanno fatto qualcosa di sbagliato o perché quella persona non ti ama più. Vanno spiegate le cose come stanno... Con amore, sincerità e tanta delicatezza. Capire che le emozioni possono essere manifestate anche se ritenute negative perché fanno soffrire. E, cosa fondamentale, il bambino si sentirà amato da un amore sincero perché si è stati onesti con lui.
È fondamentale che l'idea di parlare della morte sia condivisa da entrambi i genitori in modo che il bambino non si trovi di fronte a contraddizioni. Entrambi i genitori devono raccontare la stessa versione. Per cercare di evitare incomprensioni nei bambini, bisogna aiutarli ad esprimere i loro sentimenti, ascoltare il loro silenzio e farli partecipare ai riti e alle emozioni dell'intera famiglia. Se i bambini si pongono quesiti sono pronti ad ascoltare le risposte, ed è importante essere consapevoli che da come risponderemo lasceremo o non lasceremo spazio ad un percorso di crescita che punta verso il tutto. L'importante è non rifiutare mai una sincero colloquio, per non creare argomenti tabù. Atteggiamento positivo risulta, pertanto, essere il lasciarsi portare dalle domande che il bambino eventualmente farà e non sfuggire alle questioni che pone con una risposte troppo vaghe o non chiare.
Per quanto riguarda la comunicazione è una delle condizioni maggiormente importanti per accogliere e corrispondere i vissuti dei bambini, per percepire i loro bisogni di conoscenza e per rispondere ad essi con competenza.
" Non bisogna aspettare che la morte si verifichi per iniziare a educare i propri figli all'elemento che tutti ci accomuna: la mortalità". (FITZGERALD )
Quando si parla al bambino di qualcuno che è morto è importante usare le parole esatte. Inoltre si dovrebbe cercare di evitare gli eufemismi come l'abbiamo perduto o si è incamminato nella valle delle ombre perché potrebbero creare dei fraintendimenti. Il bambino essendo molto concreto si trova sconcertato di fronte a spiegazioni e ipotesi surreali.
"La mamma e il papà hanno perso un bambino..."
" ma mamma non ti ricordi dove lo avete lasciato?" (Lorenzo 3 anni e mezzo)
I genitori devono passare il chiaro messaggio che sono sempre presenti, che se il bambino ha bisogno di fare altre domande la mamma e il papà troveranno assolutamente un momento per lui , perché c’è sempre un momento e uno spazio per dar delle risposte.
Il pedagogista con il suo ruolo può aiutare il bambino e la bambina a rappresentare l’evento con il gioco , con letture di libri che parlano di lutto e lasciare al bambino la scelta e la possibilità di esternare i suoi sentimenti , anche di piangere.
È importante che il bambino possa sentirsi libero anche di provare RABBIA, che diventa come un tornado che acquisisce forza e colpisce anche loro stessi.
Cosa si prova quando si è arrabbiati?
In quale parte del corpo comincia a sentire la rabbia?

Diverse sono le cose che si possono può proporre al bambino per canalizzare la rabbia.
Il pedagogista può attraverso carta e penna annottare assieme al bambino le cose che fanno arrabbiare, il fratellino è morto, la mamma e il papà piangono, niente è più come prima...
Si può così costruire , anche con l’argilla , qualcosa che li fa arrabbiare, costruendo insieme ognuno il suo oggetto; dopo di che si può chiedere al bambino cosa ne vuole fare.
Fare esercizi fisici da connotare alla rabbia, proporre di disegnare, registrare su nastro certe frasi e affermazioni con la certezza che si possono cancellare e ridire...; scrivere un diario, una lettera , delle poesie e dove il bambino non sa scrivere la mano della figura di riferimento può diventare la sua.
Creare e mettere in scena uno spettacolo di burattini, che dicono e fanno quello che il bambino vorrebbe fare e dire.
Oltre alla rabbia un altro sentimento che spesso colpisce i piccoli in lutto è la GELOSIA.
Anche in questa situazione proporre una serie di attività può aiutare il bambino a lasciare andare tale sentimento: il disegno, lo spettacolo di burattini, incoraggiare il dialogo e la scrittura, la registrazione su nastro, giochi dove può ricordare tutte le cose buone che ha fatto (nel caso di un fratellino nato morto: es scelto con la mamma le tutine, ha accarezzato la pancia e il piccolo /a si è mossa... ) , lasciare andare dei palloncini dove attaccare e scrivere dei messaggi segreti su striscioni di carta preparate dal bambino stesso, o proporre il gioco di non fare cadere il palloncino con dentro il messaggio segreto, o bucare il palloncino con uno spillo dove il messaggio che contiene è una frase che ferisce e spaventa il bambino stesso.
I bambini infatti non reggono per troppo tempo il dolore e hanno bisogno di distrarsi, di evadere un po', di ridere; importante però che l'adulto non legga questo come disinteresse o "come non capisce nulla".
A volte il silenzio, la mancanza di domande possono essere interpretate come accettazione, ma spesso tacciono per proteggere i genitori, mascherano a volte una rinuncia e un distacco.
Spesso invece i bambini vivono un DOPPIO lutto : la loro sofferenza e la sofferenza del genitore. I bambini corrono il rischio di un sovrainvestimento affettivo (apprensione e funzione consolatoria) o deprivazione affettiva, dove però il silenzio e l'esclusione sono vissuti dai bambini come rifiuto e far scaturire un sentimento molto preoccupante che è la DEPRESSIONE.
Stanchezza, dolore, cali scolastici, poca concentrazione, tendenza ad isolarsi, disturbi dell'alimentazione e del sonno sono alcuni segnali .
Attività da proporre possono essere: disegno, un ricordo caro da condividere, oggetti che ricordano che possono essere messi così all’ interno di una scatola che diventa lo scrigno magico.
Anche la PAURA può colpire i piccoli; incubi paure dell’orco dei ladri,pipì a letto, periodi di regressione in cui il bambino si sentiva sicuro.
REAZIONI SOMATICHE che vanno però ascoltate e il bambino deve essere visitato da un medico per dare importanza, la giusta importanza, al dolore fisico che può provare.
Il bambino può avere tale reazioni emotive, ma potrebbe anche non manifestare nulla di ciò perché può avere già avuto il tempo di rielaborare la questione morte.

Rimane molto importante che in ambito pedagogico si possano prevedere percorsi di educazione e sostegno alla morte , per le coppie che purtroppo vivono la pesante e tragica esperienza della morte di un figlio nato non vivo o morto poco dopo la nascita e per i bambini già a partire dai primi anni di vita , seguendo modalità di rappresentazione e comunicazione rispettose delle loro facoltà cognitive, della loro sensibilità e dei contesti in cui vivono.
L'accettazione della morte è un traguardo significativo per la crescita individuale, indipendentemente dall'età.
Ho riflettuto molto sul ruolo del pedagogista riguardo al tema del lutto e ritengo che la nostra cultura abbia bisogno di essere educata alla morte perché non si può escluderla dalla vita, la vita stessa senza la morte non avrebbe senso. Educare alla morte significa rendere e rendersi coscienti della sua presenza e imparare ad accettarla. Si tratta di un'educazione che dovrebbe iniziare negli spazi familiari per poi estendersi nei luoghi più formali come la scuola. Una educazione che ha la necessità di radicarsi nei luoghi del personale, della storia di un uomo con i suoi effetti, i suoi desideri, i suoi progetti e, non per ultimo, le sue paure.
Vorrei concludere con le parole di Henry Scott Holland , parole che credo possano essere di sollievo ...a chi purtroppo dovrà superare una perdita.

La morte non è niente
La morte non è niente. Sono solamente passato dall'altra parte: è come se fossi nascosto nella stanza accanto. Io sono sempre io e tu sei sempre tu. Quello che eravamo prima l'uno per l'altro lo siamo ancora. Chiamami con il nome che mi hai sempre dato, che ti è familiare, parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato. Non cambiare tono di voce, non assumere un'aria solenne o triste.
Continua a ridere di quello che ci faceva ridere, di quelle piccole cose che tanto ci piacevano quando eravamo insieme.
Prega, sorridi, pensami!
Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima: pronuncialo senza la minima traccia d'ombra o di tristezza. La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto: è la stessa di prima, c'è una continuità che non si spezza
Perché dovrei essere fuori dei tuoi pensieri e dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista? Non sono lontano, sono dall'altra parte, proprio dietro l'angolo. Rassicurati, va tutto bene. Ritroverai il mio cuore, ne ritroverai la tenerezza purificata. Asciuga le tue lacrime e non piangere: il tuo sorriso è la mia pace.

 

Storie di chi rimane e di chi non c'è più da leggere insieme e da soli

Età di lettura: da 3/4 anni

Sabine De Greef
“Lacrime che volano via”
Ed. Babalibri, 2009

Le lacrime vanno accolte, cullate ed abbracciate per dare attenzione al bambino triste, solo così potranno volare via.

Michaela Holzinger
"Addio, Anna"
Ed. EMP, 2010

Un libro illustrato che aiuta i bambini a parlare di cose difficili come invecchiare e morire. La tata Anna è grande: sa cucinare, cucire e raccontare meravigliose storie di draghi. Durante il giorno si prende cura di un bambino, come se fosse la sua nonna. Un giorno Anna si ammala e il bambino si rende conto che sta per morire. Il ricordo di tutti i bei momenti trascorsi assieme lo aiuta ad alleviare il suo dolore.

Elfi Nijssen, Eline van Lindenhuizen
"Beniamino"
Ed. Clavis, 2010

Jacopo ha un fratellino. È nato da pochi giorni e si chiama Beniamino. Purtroppo il dottore scopre che Beniamino è molto malato. Nessuno può fare niente per aiutarlo. Un racconto sereno che affronta il tema della morte di un fratellino.

Koos Meinderts, Harrie Jekkers, Piet Grobler
"Il cerchio della vita"
Ed. Lemniscaat, 2009

Una storia piena di colore per spiegare, con serenità, come ogni esistenza un giorno, inevitabilmente, finirà.

Anna Lavatelli, David Pintor
"La nonna in cielo"
Ed. Lapis, 2008
«Lo sai, Pucci? La mia nonna è lassù, adesso» dice Emma, affacciandosi alla finestra di casa. «Andiamo in giardino a cercarla, da lì possiamo vedere tutto quanto il cielo». Emma corre veloce, insegue le nuvole e si arrampica sugli alberi. E lì, guardando in cielo, vede la sua cara nonnina ad aspettarla in sella alla bici... Insieme pedalano tra cielo e prato, scherzano e chiacchierano, fanno musica tra gli uccellini e cercano vecchi amici. Emma ora è contenta perché sa che per trovare la sua nonna basta guardare bene oltre l'orizzonte, tra una nuvola leggera e uno spicchio di sole, là dove tutto è possibile.

Wolf Erlbruch
"Un paradiso per il piccolo orso"
Ed. E/O, 2005
Il libro racconta la storia di un piccolo orso alla ricerca del paradiso, per ritrovare i genitori morti. L'autore affronta con grande leggerezza, e splendide illustrazioni, un tema profondo e delicato come quello della morte.

Età di lettura: da 5 /6 anni

Gill Pittar; Cris Morrell
"Milly e Molly e il fiore di Giulio"
Ed. EDT, 2005
Una sorpresa inattesa aiuta Milly e Molly a superare il dolore per la perdita di un amico.

Cosetta Zanotti
“Il mare del cielo”
Ed. San Paolo, 2004
Per ogni creatura c'è un tempo felice da passare nel mare dell'acqua e uno ancora più lungo e felice da passare nel mare del cielo. Non c'è che un modo di parlare della morte: come dell'altra faccia della vita.

Agnès Berton
"Una mamma come il vento"
Ed. Motta Junior
Martino trova sempre le parole giuste al momento giusto: quelle per-non-farsi-pestare-i-piedi e quelle che fanno-dimenticare-tutto-quando-si-è-arrabbiati. A Martino piace molto parlare con l'amico Dino. Quando la mamma di Dino muore, vorrebbe consolarlo, trovare le parole-che-fanno- bene, ma non ne è capace. Almeno fin a quando non ascolterà i consigli di chi è più saggio di lui...

Kitty Crowther
"Io e niente"
Ed. Almayer, 2010
Lilà ha perso la mamma e si crea un amico immaginario per affrontare il lutto. Con il suo stile inconfondibile, Kitty Crowther ci racconta una storia di straordinaria intensità, fatta di un amore semplice e profondo che è pura poesia, cioè pura vita.

Età di lettura: da 7 anni

Wolf Erlbruch
"L'anatra, la morte e il tulipano"
Ed. E/O, 2007
Già da molto tempo l'anatra aveva come un presentimento. 'Chi sei? E perché mi strisci alle spalle di soppiatto?' 'Bene, finalmente ti accorgi di me" disse la morte. "Sono la morte." L'anatra si spaventò. Non la si può certo rimproverare per questo. "E adesso vieni a prendermi?". Una bellissima fiaba, che aiuta i più piccoli a capire cosa vuol dire morire e i grandi ad accompagnarli in questo difficile percorso.

Armin Beuscher, Cornelia Haas
"Il viaggio sul fiume"
Ed. Jaca Book, 2002
Leprotto, Orsetto, Elefan, Anatrella e Topino: un gruppo di amici per la pelle che devono far fronte a un fatto imprevisto. Uno di loro è costretto ad allontanarsi dalla compagnia e gli altri sperimentano un vuoto che non si aspettavano. Certo: dispiacere, domande, rimpianti sono la prima reazione. Poi... un concerto improvvisato dà loro una mano.

Angela Nanetti
"Mio nonno era un ciliegio"
Ed. Einaudi Ragazzi, 1998
«... Dunque, quando la mamma nacque, il nonno andò in paese e tornò con un paio di orecchini d'oro per la nonna e una pianta di ciliegio», racconta Tonino, il protagonista della storia. «Il nonno voleva chiamarlo Felicità come la mamma, ma la nonna gli fece notare che era un nome poco adatto a un ciliegio, allora lo chiamò Felice». Un nonno speciale, un ciliegio per amico, "non si muore finché qualcuno ti vuole bene", una storia che vi farà ridere e piangere e che non è possibile dimenticare

Età di lettura: da 9 anni

Roberto Piumini
"Mattia e il nonno"
Ed. Einaudi Ragazzi, 1993
"Il cielo, come sempre in questa storia, era sereno e pieno di luce": così chiude il decimo capitolo di "Mattia e il nonno". Eppure si narra qualcosa di doloroso e decisivo, come la morte. Un piccolo e un grande, scambiandosi le proporzioni, camminano insieme, parlando guardano il mondo, e giocano fino in fondo, con regole d'amore, il gioco più grande.
Età di lettura: da 12 anni

Sofia Gallo
"Tu non sei più qui. Ho paura che il dolore non vada via"
Ed. Paoline, 2009
Stefania s'innamora di un nuovo compagno di classe, ma lui è conteso e questo crea gelosie, competizioni e malumori. Agli scogli amorosi si aggiungono le difficoltà quotidiane con una prof particolarmente severa. Tutto si complica quando la malattia e il lutto irrompono prepotenti nella vita di Stefania. Non è solo il dolore a colpirla, ma anche un forte senso di responsabilità di fronte a persone più deboli di lei o più direttamente coinvolte: la mamma, la sorellastra, un'amica del cuore. Stefania cerca di affrontare la situazione con coraggio ma si ritrova a non riconoscere più chi siano i veri amici, la vera solidarietà, il vero amore: la compatiscono o la apprezzano per il suo coraggio? E lei, fa la vittima oppure la dura, è fragile o è solida? E come fare a spartire il suo dolore con gli altri? Come essere diversi, ma sempre uguali? Come stare con i compagni senza sentirli banali soltanto perché sembrano più spensierati e felici? La sofferenza farà maturare Stefania; la capacità di comunicare e conoscersi in modo più profondo e consapevole la rafforzerà e le restituirà l'allegria di sempre? La parte finale di questo libro è redatta in collaborazione con l'Associazione Maria Bianchi che si propone di sostenere le persone che hanno subìto un lutto e i malati terminali, mettendo a disposizione degli adulti e degli adolescenti strumenti di informazione e di formazione per indicare soluzioni adeguate alle situazioni in cui sia necessario elaborare il dolore.

Antonio Ferrara
"Controvento"
Ed. Falzea 2008

La storia di Zelinda, una ragazza di sedici anni con un forte dolore interiore dovuto alla perdita improvvisa del padre, di cui si ritiene responsabile e che la costringe a vivere in un flashback di ricordi. Il senso di colpa e l'assenza di dialogo con la madre la conducono all'autolesionismo, alla prostituzione e alla droga nel disperato tentativo di cancellare il dolore. Finché qualcosa cambia e una luce illumina la sua strada buia: è il sorriso di Federico, grazie al quale scopre che è arrivato il momento di fidarsi, di affidarsi ancora a qualcuno, magari rischiando di soffrire nuovamente, ma di essere felice.

Per adulti
Varano M, “Tornerà? Come parlare della morte ai bambini”, EGA, Torino ,2005
Verardo Anna Rita, Russo R., “Tu non ci sei più e io mi sento giù”, Associazione EMDR Italia ,2006
Simona Sparaco “Nessuno sa di noi”, Giunti Editore Gennaio 2013
Ravaldi C. “La regina Cuoredighiaccio”, Ipertesto Edizioni s.a.s.- Verona Marzo 2012
Fitzgerald H, “MI MANCHI TANTO! Come aiutare i bambini ad affrontare il lutto”, Edizione la meridiana, Molfetta (BA), 2002
Masini B, Scandella A. “Bimbo d’ombra”, edizioni Arka , L’Orsa Maggiore

Marcolli A. “La nonna è ancora morta? Genitori e bambini davanti ai lutti della vita”, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A , Milano, Agosto 2014
Beatrice Masini “Se è una bambina” Ed. RCS, 1998
Concita De Gregorio “Così è la vita” Ed. Einaudi, 2011

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