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La famiglia: cellula educativa

Dott.ssa Giada Cassetti - pedagogista

 

La famiglia è la più importante agenzia educativa per la formazione della personalità dell’individuo, ma le trasformazioni sociali e dei rapporti tra uomo e donna hanno portato a profonde modificazioni dei contesti familiari.
Infatti l’importanza della famiglia e della centralità del suo ruolo nello sviluppo sociale è un punto strategico per le politiche per i minori.
Principi fondanti dell’etica e della morale hanno lasciato il posto ad estemporanee ricette di comportamento: i genitori si sono trovati “spiazzati” nel loro ruolo di educatori a causa di un malinteso concetto di libertà e reciproco rispetto che ha contribuito all’anarchia nei rapporti tra genitori e figli, alla smarrita definizione di doveri e diritti, ad una cultura edonistica ed individualistica che è parsa sempre più rappresentare l’unico modello valido.
Di questo fenomeno la politica è stata, al tempo stesso, causa ed effetto: causa per non aver saputo cogliere l’esatta portata della crisi per poi affrontarla con azioni efficaci; effetto per averne piuttosto subito, così esaltandoli, gli effetti negativi.
La famiglia reclama una protezione reale, concreta attraverso il soddisfacimento dei suoi bisogni primari; reclama, altresì, un intervento pubblico discreto e al tempo stesso partecipante.
L’intervento del settore pubblico deve poter consentire alla famiglia di essere protagonista nelle iniziative che la riguardano e di decidere le soluzioni nelle situazioni di disagio, diventando soggetto attivo di fronte ai propri bisogni.
L’ingerenza statale nell’applicazione dei supporti offerti alle famiglie in difficoltà ha spesso sconfinato in situazioni di conflitto e "l’aiuto" ha provocato forti tensioni nei ceti sociali più deboli.
Affermare questo non significa negare il ruolo fondamentale del pubblico nella tutela del minore in quelle situazioni, drammatiche, in cui l’allontanamento provvisorio o definitivo dal nucleo familiare di origine e spesso, addirittura, anche dall’ambito parentale più vasto è l’unica via per assicurare al minore il diritto al “benessere”.
Si vuole affermare piuttosto che c’è stato spesso un risultato indesiderato e che l’intervento di sostegno è stato visto come intervento punitivo a torto o a ragione: un meccanismo che non ha certo facilitato il consolidamento della funzione sociale come baluardo di progresso e di difesa dei valori familiari.
Ma la famiglia e l’educazione, oggi, emergono quali nuove questioni sociali del terzo millennio.
Piani di intervento per la tutela del mondo dei minori devono svilupparsi, quindi, attraverso un impegno politico che prenda innanzitutto in considerazione il riconoscimento della relazione tra i minori e la famiglia.
La famiglia non va soltanto sostenuta con agevolazioni economiche o con la creazione di servizi, ma va protetta e al tempo stesso “valorizzata” nella sua funzione primaria e innovativa di supporto sociale.
Il disagio, il malessere, le situazioni di sofferenza sono a volte l'espressione di un’esigenza di cambiamento, di rinnovamento; le trasformazioni che avvengono durante la crescita dei figli, soprattutto nel passaggio dall'infanzia all'adolescenza, coinvolgono la famiglia nella ricerca di nuovi equilibri e nuovi standard di comunicazione e relazione.
In queste fasi di cambiamento capita spesso che i genitori percepiscano il loro compito più impegnativo e trovino a volte notevoli difficoltà nel comunicare con i propri figli, nel gestire i conflitti e crisi che possono emergere e nel trovare un'intesa con loro.
Può anche accadere che soltanto uno dei membri della famiglia possa soffrire, più degli altri, di una determinata situazione di crisi; disagio che gli altri, a volte, possono anche non percepire.
E' comprensibile, quindi, che le relazioni all'interno della famiglia, caratterizzata da rapporti emotivi intimi e profondi, possano diventare problematiche e, in alcuni momenti, molto conflittuali. Anche la comunicazione può rendersi distorta e, nei casi più complessi, può trasformarsi in una aspra disputa che potrebbe avere come conseguenza l'interruzione stessa della comunicazione.
Litigi continui, incomprensioni, difficoltà ad ascoltare l'altro o ad essere ascoltati, a controllare le proprie reazioni (sbalzi di umore, chiusure, sfide, provocazioni) possono provocare sofferenza e disagio psicologico per uno o più membri della famiglia; si rischia così di entrare in un circolo vizioso dal quale risulta difficile uscire ovvero, tutti i tentativi di risolvere la situazione, possono provocare, in realtà, un peggioramento della stessa. La famiglia si può sentire, in questo caso, impotente, scoraggiata e frustrata.
Riuscire a chiedere un sostegno psicopedagogico è l'indicazione di una consapevolezza delle proprie capacità di far fronte ad un problema ed è un primo modo di dare ascolto al proprio disagio al fine di tentare una strada consapevole per la risoluzione e comunque il miglioramento della situazione di sofferenza.
L'intervento psicopedagogico, quindi, è uno degli strumenti a disposizione delle famiglie per risolvere problemi relazionali in seno al proprio gruppo familiare. 
Il coinvolgimento della famiglia tende a ristabilire uno sviluppo armonico delle relazioni familiari (della coppia e dei rapporti fra genitori e genitori e figli).
Nelle fasi di transizione del ciclo di vita della famiglia, relative alla formazione della coppia, alla nascita e alla crescita dei figli, all'accadimento di eventi esterni di carattere quotidiano o imprevisti, è importante apprendere la capacità di sopportare le incertezze e le contraddizioni, di tollerare l'ansia che ne deriva, cercando comunque di comprendersi e di trovare nuove modalità di relazione e, quando questo non risulta possibile, si deve anche intervenire per rendere una eventuale separazione un evento psicologicamente gestibile.
Non si deve necessariamente richiedere un intervento psicopedagogico al primo malessere, al primo segno di disagio, anche se potrebbe essere auspicabile ai fini preventivi; ricordiamo che conflitti e sofferenze transitorie sono normali, fanno parte del normale sviluppo di crescita di una famiglia. Quando questo diventa meno sopportabile ed interferisce con lo stato di benessere della famiglia o di uno dei propri componenti, allora va ricordato che l'intervento psicopedagogico è lo strumento più efficace di cui una famiglia può avvalersi per tentare di risolvere il disagio.
L’intervento psicopedagogico di sostegno rivolto alle famiglie, inoltre, può essere necessario per potenziare e rafforzare relazioni, legami familiari e rapporti sociali e/o per mobilitare le risorse emotive disponibili al fine di comprendere e superare eventuali situazioni di disagio, conflitto e incomprensione.

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Specialisti disturbi dell'apprendimento Vimodrone (Mi)

 

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