Il disturbo specifico della comprensione numerica: la discalculia evolutiva.
Dall’individuazione precoce al trattamento abilitativo
Di Francesca Vismara- Pedagogista clinico, Milano
I correlati neurali dell’abilità numerica di base, sono principalmente a carico della corteccia parietale, di entrambi gli emisferi cerebrali e più precisamente a livello del solco intra-parietale.
Ma cosa sappiamo a riguardo del cervello di chi presenta discalculia?
Gli studi convergono nel mostrare delle alterazioni, sia funzionali che strutturali, a livello del solco intra-parietale.
La ricerca scientifica dell’ultimo decennio, ha dimostrato che le abilità matematiche più complesse e l’apprendimento matematico, sono legate ad un rudimentale senso dei numeri che possediamo fin dalla prima infanzia, essa è definita intelligenza numerica.
L’intelligenza numerica è una funzione che ci permette di intendere e definire il mondo in termini di quantità.
Questa funzione è precoce, addirittura antecedente alla comparsa del linguaggio, perché presente già al livello percettivo e non mediata dalla cultura, come abbiamo visto, essa ci permette di definire l’acuità numerica e la rappresentazione intuitiva e lineare dei numeri, raggiunta attraverso la linea numerica mentale, una sorta di immagine visuo-spaziale che gli individui hanno della sequenza dei numeri.
L’acuità numerica, definito come indice psicofisico del senso dei numeri, è la capacità innata di discriminare elevate quantità presenti in differenti insiemi, può essere fortemente ridotta nei bambini discalculici e questo potrebbe essere alla base delle loro difficoltà di apprendimento della matematica.
E dunque, anche le difficoltà nel comprendere la quantità numerica e le relazioni tra numeri, sono evidenziate dal compito della linea numerica e dalla mancata transizione da una rappresentazione intuitiva ad una rappresentazione lineare.
Imparare a calcolare implica per il bambino il possesso di specifiche competenze, di “precursori cognitivi”, che la ricerca ha descritto nel loro normale evolversi durante gli anni prescolari e nei primi anni di della scolarizzazione primaria.
Nei primi cinque anni di vita i bambini acquisiscono competenze numeriche e in tal modo sono in grado di usare i numeri prima di andare a scuola. Molte attività di gioco (es. contare le dita e gli oggetti) danno la possibilità al piccolo di avere una certa familiarità con i vocaboli numerici.
Inoltre, si imbattono regolarmente in numeri cifra esplorando lo spazio che li circonda (es. negozi, strade, uso del telefono, telecomando o televisore) e grazie a ciò i bambini, hanno la possibilità di paragonare le particolarità del sistema numerico; il numero viene espresso sia come cifra che come parola e ciò comporta l'acquisizione di due sistemi differenti di notazione, con le regole che consentono di formare ogni numero da elementi di base. Il processo nominato inizia in età prescolare e viene acquisito alla fine della seconda classe elementare.
Come è stato descritto, l’evoluzione dell’intelligenza numerica accompagna i bambini ad integrare, fin dai primi anni di vita, complesse capacità, dalla qualificazione innata all’enumerazione verbale, dai meccanismi di conteggio alla lettura e scrittura dei numeri, ci si chiede dunque come tutti questi meccanismi, che determinano i prerequisiti per l’apprendimento della matematica, possano contribuire all’effettiva evoluzione dei meccanismi di calcolo.
È possibile ipotizzare una progressiva evoluzione delle strategie utilizzate dai bambini nelle operazioni di calcolo, infatti se nei primi anni della scolarizzazione primaria è fondamentale l’utilizzo di strategie di conteggio, successivamente queste vengono abbandonate a favore di strategie basate sul recupero mnemonico dei risultati dei calcoli e delle procedure tipiche dell’operazione.
Nei bambini più piccoli però è possibile rilevare delle strategie, che già alla scuola dell’infanzia, vengono utilizzate per eseguire semplici addizioni mentali:
• conteggio con le dita esplicito
• utilizzo delle dita senza conteggio evidente
• conteggio verbale a voce alta con supporto delle dita o altri referenti
Per favorire l’apprendimento della capacità di calcolo, è importante tenere presente e verificare l’acquisizione di alcune abilità sottostanti e necessarie, in particolare:
• conoscenza della sequenza verbale dei numeri
• associazione tra simbolo numerico e nome del numero
• corrispondenza biunivoca numero/oggetti
• conoscenza della numerosità: un’ulteriore fase dello sviluppo dell’abilità di contare, consiste nel saper riferire la quantità di oggetti presenti nell’insieme riportando l’ultimo numero pronunciato.
• capacità di confrontare insiemi con numerosità differenti
• capacità di confrontare numeri diversi
• capacità di seriazione di elementi di diversa dimensione e mettere in sequenza ordinata insiemi contenenti diverse quantità di oggetti
Accanto allo sviluppo dei prerequisiti descritti, per una buona riuscita scolastica si ritiene importante anche una seria conoscenza delle strategie metacognitive sottostanti all’apprendimento, oltre che una buona capacità di concentrazione.
Una volta che il bambino ha sviluppato tutte queste abilità e comincia a padroneggiare il conteggio con scioltezza, si presenta anche l’acquisizione di un’ulteriore abilità, quella della risoluzione dei problemi aritmetici, dapprima molto semplici, verso la fine della classe prima e poi verso la seconda classe della primaria sempre più complessi.
La capacità di risoluzione dei problemi è legata alle seguenti abilità:
• lettura
• comprensione del testo
• capacità rappresentativa
• classificazione della struttura del problema
• pianificazione delle procedure e delle operazioni
• monitoraggio e valutazione
In particolare, la capacità rappresentativa permette di integrare l’aspetto visivo figurale o schematico le informazioni quantitative e le loro reazioni, desunte dalla comprensione del testo.
La classificazione permette di riconoscere la struttura profonda del problema sottostante agli aspetti superficiali. Per struttura profonda si intende lo schema matematico espresso dal tipo di relazione tra le quantità e il tipo di incognita da conoscere, mentre gli aspetti superficiali sono le informazioni che, anche se modificate, non cambiano la struttura del problema (es: se modifico un termine fiori con biglie…)
L’evoluzione cui abbiamo accennato, non appare lineare per tutti i bambini, alcuni sembrano incontrare maggiori difficoltà e altri appaiono arenarsi di fronte alla complessità delle nuove acquisizioni, che aumentano con il procedere della scolarizzazione.
La ricerca ha permesso di mettere a punto alcuni modelli neuropsicologici, che ci permettono di comprendere le difficoltà che incontrano bambini e ragazzi nell’utilizzo dei numeri.
Alcune difficoltà, a livello aritmetico, si evidenziano nelle prime fasi dell’apprendimento delle operazioni, dove il bambino con difficoltà utilizza, durante questa fase, delle strategie di calcolo risolutive inferiori o inadeguate rispetto alla media dei suoi coetanei.
Il bambino potrebbe scegliere ad esempio l’operazione sbagliata, moltiplicando anziché dividere, oppure incontrare difficoltà concettuali (per esempio di comprensione del sistema decimale e della sua applicazione nel calcolo), o una conoscenza inadeguata di particolari procedure, per esempio quella del riporto.
Circa le difficoltà nel calcolo e nell’applicazione delle procedure, i bambini possono incontrare:
• difficoltà di scelta delle prime cose da fare quando si è davanti ad una delle quattro operazioni; il bambino sperimenta una fase di blocco, fatica a recuperare in memoria cosa occorre per iniziare a risolvere l’operazione che ha davanti, esempio: incolonnare o meno, mettere i numeri nella giusta posizione ecc…
• nella condotta/ procedura specifica da seguire, nel mantenimento della stessa fino alla sua risoluzione
• nell’applicazione di regole di prestito e riporto, le regole potrebbero essere non apprese o non ancora consolidate. Ad esempio: 506-228=388 la regola del prestito è stata applicata una sola volta, a carico delle decine
• nel passaggio ad una nuova operazione, si può verificare quando detto sopra; il bambino applica procedure tipiche di un’operazione esempio una sottrazione ad un’altra esempio un’addizione
• nella fase di progettazione e verifica; un bambino potrebbe iniziare immediatamente un processo di risoluzione senza analizzare l’operazione che si trova di fronte, strategie e difficoltà che potrebbe incontrare. Sono frequenti possibili errori di perseveranza, non si sviluppa il ragionamento necessario per consolidare le regole procedurali e saperle poi utilizzare anche in contesti differenti, più complessi, attraverso generalizzazioni.
A questo punto occorre però porre una distinzione tra difficoltà di calcolo e disturbo. Le prime, possono far parte del percorso scolastico di ognuno, ma con un buon intervento è possibile ottenerne la risoluzione in breve tempo, circa il disturbo invece può fare la sua comparsa in condizioni di adeguate abilità generali e di apprendimento in altri ambiti, può manifestarsi in comorbilità con la dislessia delle cifre e la difficoltà nella risoluzione di problemi e l’intervento proposto può normalizzare l’apprendimento, ma non ne definisce la risoluzione.
Si inizia a parlare di discalculia evolutiva, indicando con tale termine il disturbo specifico dell’apprendimento che si caratterizza per significativa difficoltà ad acquisire l’automatismo del calcolo e/o dell’elaborazione dei numeri.
I Disturbi Specifici dell’Apprendimento, nelle loro diverse espressioni, fanno parte della più ampia gamma di Disordini Evolutivi, che possono manifestarsi nell’acquisizione delle abilità linguistiche, nell’apprendimento, nello sviluppo cognitivo.
Tra le due maggiori proposte di classificazioni dei disturbi, l’ICD-10 (International Classification of Diseases, decima versione 2007) e il DSM-5 (Diagnostic System Manual) c’è una discreta concordanza nel definire i DSA.
La revisione del DSM-5 fa riferimento ai DSA con l’espressione “Learning Disorders”, individuando nelle competenze di base quali la lettura accurata e fluente, lo scrivere e il far di conto gli ambiti nei quali valutare l’apprendimento.
Rispetto alla precedente versione del manuale viene meglio definita la condizione di discalculia, intesa come difficoltà di produzione o di comprensione delle quantità, dei simboli numerici o delle operazioni aritmetiche di base. Si tratta quindi, di un disturbo che coinvolgerebbe sia le componenti di cognizione numerica basale, sia la parte procedurale. Per quanto riguarda il Quoziente Intellettivo generale, il criterio della discrepanza tra questo (QI) e DSA incontra interpretazioni differenti.
La Consensus Conference dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS, 2011) ha evidenziato che differenziare i DSA sulla base del loro QI ha una scarsa validità empirica.
In merito alla discalculia la Legge 170 del 2010 definisce alcuni punti chiave circa le difficoltà nell’area del calcolo.
Si ricorda l’importanza a livello didattico:
• dell’osservazione in classe
• dell’utilizzo di una didattica individualizzata e personalizzata
• di introdurre strumenti compensativi e misure dispensative
L’individuazione precoce di tali difficoltà permetterebbe l’inizio di un percorso pedagogico, con attività mirate durante il secondo anno della scuola primaria. In caso di persistenza di tali difficoltà, potrebbe essere indicato intraprendere un iter di approfondimento diagnostico.
Le linee guida della Consensus Conference, ricordano che la diagnosi di discalculia, non può essere formulata prima della fine della terza classe della scuola primaria.
Nello specifico si tratta di screening, capaci di individuare precocemente eventuali soggetti a rischio di sviluppare un disturbo specifico del calcolo, fornendo indicazioni anche sulla presenza/assenza delle difficoltà di calcolo.
Lo screening può essere fatto a partire dai 4 fino ai 14 anni.
La diagnosi di secondo livello, successiva, è importante ai fini di comprendere, nel dettaglio quale sia la problematica specifica del disturbo e quale abilità sia deficitaria per poi progettare il percorso di trattamento. In questo caso può essere utile valutare il tipo di errori commessi.
Partendo da queste considerazioni è possibile impostare un progetto di trattamento nell’ambito della discalculia evolutiva, che tenga conto delle capacità che il bambino può sviluppare se supportato da un piano d’intervento, che prevede obiettivi e strumenti relativi alle caratteristiche del singolo.
Il trattamento è definito come l’insieme di azioni volte ad aumentare l’efficienza di un processo alterato.
Viene gestito da uno specialista della relazione d’aiuto, con metodologie e tempi specifici definiti in base alle caratteristiche del soggetto e dell’obiettivo del percorso.
Il programma potrà prevedere i seguenti passaggi:
• definire le tipologie d’intervento durante la presa in carico
• individuare ed includere obiettivi da raggiungere e aggiornare nel tempo
• precisa modalità e tempi di erogazione delle singole prestazioni previste negli interventi
• indicare misure di valutazione appropriate all’intervento
• prevedere momenti di verifica
• potrebbe prevedere l’attivazione di un lavoro di rete tra più figure che ruotano attorno al bambino, scuola, famiglia e altri specialisti coinvolti
L’inizio di un trattamento pedagogico clinico, soprattutto con bambini piccoli, ma anche con ragazzi più grandi nell’ambito dell’apprendimento della matematica, implica l’utilizzo del gioco, come strumento della prassi educativa.
Il gioco non è un atto, ma essenzialmente un contesto, una “cornice per l’azione”.
Al suo interno gesti e comportamenti perdono il loro significato convenzionale. Il gioco è un processo di auto scoperta, dove il giocatore si imbatte in nuove possibilità di pensiero e di decodifica dei messaggi.
Questo elemento di libertà che lo caratterizza da spazio alla novità e alla creatività e al contempo, tiene lontano il rischio di irrigidirsi all’interno di un metodo che formalizza un sapere, e tiene bloccati all’interno di regole senza poter sperimentare il cambiamento.
Il gioco inoltre permette di ridurre l’ansia o la tensione di una specifica situazione, di fare scelte e commettere errori.
L’errore nel gioco è considerato una componente naturale, perché permette di crescere sperimentarsi, e ricercare esperienze che non siano rischiose o eccessivamente penalizzanti.
Nel gioco è possibile interpretare ruoli differenti e sviluppare la capacità di resilienza.
Infine conoscere e rispettare le regole è fonte di soddisfazione sia personale che sociale: esse infatti non sono dettate dall’esterno ma dall’interno, il bambino impara a autodeterminarsi ed autolimitarsi.
Importante dunque, l’intervento pedagogico, per l’identificazione a scopo preventivo delle situazioni di rischio e per proporre strumenti per il potenziamento cognitivo mirato alle esigenze del singolo e volto a raggiungere il livello immediatamente successivo rispetto a quello attuale, possibile e recuperabile in tempi brevi, solo se l’intervento si pone in rete con tutte le figure che aiutano il bambino o il ragazzo durante il suo processo di apprendimento. |