Abuso allinfanzia:
dall'umiliaziona alla violenza
Cinzia Laurettici - pedagogista
Si può considerare abuso
allinfanzia qualsiasi cosa interferisca con lo sviluppo
ottimale
del bambino, ovvero, oltre
ai comportamenti intenzionali di danno fisico, la mancanza
di quelle esperienze che producono nel bambino sentimenti
come quello di sentirsi amato, desiderato, di sentirsi al
sicuro e considerato nella sua persona.
Di certo quello fisico è
il maltrattamento più manifesto, benché non
sia né il più frequente, né il più
dannoso, se non in quei casi in cui viene messa a rischio
lincolumità fisica del bambino.
Nel maltrattamento psicologico,
che costituisce invece la forma più nascosta e devastante
di maltrattamento, il bambino è svalutato, umiliato,
isolato, rifiutato e sottoposto a sevizie psicologiche; spesso
labuso psicologico si accompagna alla violenza fisica
e sessuale ma non necessariamente.
Purtroppo gli episodi di violenza
psicologica possono essere presenti non solo allinterno
del contesto familiare ma anche allinterno di tutte
quelle strutture adibite al prendersi cura di bambini fortemente
problematici o con handicap, nelle quali limpatto con
questo tipo di utenza può essere difficile e può
provocare negli operatori comportamenti scorretti e a volte
anche violenti.
Durante la mia esperienza ho
avuto, purtroppo, anche la sfortuna di scontrarmi proprio
con questa realtà molto triste ed angosciante.
Ho assistito a numerose scene
in cui uninsegnante ha aggredito verbalmente un bambino
autistico e con grave ritardo mentale, lo ha umiliato, lo
ha offeso, lo ha minacciato di violenza fisica pretendendo
da lui delle capacità impossibili da raggiungere.
Per me è stato molto
duro assistere a questi comportamenti e dentro di me ho provato
molta rabbia, un enorme senso di disagio e di impotenza.
Attraverso questa esperienza
mi sono resa conto che anche quelle strutture in cui i bambini
dovrebbero essere tutelati possono essere invece fonte di
sofferenza a causa dei comportamenti degli operatori come
ad esempio laggressione verbale, linsensibilità,
lindifferenza, la svalorizzazione e il non rispetto
dei limiti delle capacità di ciascun bambino.
Si tratta di un vero atto di
crudeltà che comporta lintromissione di bisogni,
desideri, ansie e conflitti da parte degli adulti, che si
vengono poi ad imporre e sovrapporre su quelle dei bambini.
Questi comportamenti, messi
in atto consapevolmente o inconsapevolmente dagli operatori,
magari pensando di fare il bene del minore, fanno sentire
il bambino ignorato, rifiutato, disprezzato, impaurito ed
isolato.
Tutto ciò non fa altro
che cronicizzare il disagio presente nel bambino oppure può
creare nuove forme di disagio e disadattamento nei bambini
più fragili.
Una richiesta di aiuto da parte
di tutti coloro che vivono momenti di grande difficoltà
e drammaticità nella relazione interpersonale con minori
fortemente problematici è già il primo passo
verso lindividuazione di risorse, umane e materiali,
per affrontare un problema complesso.
Le richieste di aiuto, lungi
dallessere espressione di fragilità professionale,
sono, al contrario, testimonianza di una professionalità
attenta e responsabile, una professionalità consapevole
delle difficoltà presenti nel lavoro di educatori,
pedagogisti, insegnanti, consapevole dei profondi cambiamenti
che possono essere innescati, sia positivi che negativi, e
del bisogno di confronto e riflessione per un intervento educativo
e didattico più adeguato alla complessità delle
situazioni.
Non sempre la risoluzione è
a portata di mano, ma sicuramente la riflessione, ancor di
più se sostenuta da un gruppo, aiuta a migliorare la
qualità dellintervento educativo.
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